Ecco subito come ridurre l’età pensionabile senza perdere un euro

L’età pensionabile rappresenta e definisce il limite anagrafico necessario per maturare il diritto a ricevere un assegno mensile commisurato ai contributi versati durante la carriera lavorativa. In linea teorica, questo limite è stato individuato per garantire una forma di pensionamento equa e sostenibile rispetto al percorso lavorativo svolto. Tuttavia, l’età pensionabile non costituisce l’unico requisito per accedere a una pensione adeguata: esistono infatti ulteriori condizioni e possibilità che possono incidere sul momento effettivo del pensionamento.

Età pensionabile: calcolo

L’età pensionabile viene determinata considerando diversi fattori, tra cui l’aspettativa di vita media e le dinamiche del mercato del lavoro nazionale, strettamente connesse al sistema previdenziale vigente nel nostro Paese. Negli ultimi decenni, questi elementi hanno contribuito a innalzare progressivamente la soglia anagrafica, che attualmente si attesta a 67 anni.

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L’età pensionabile è strettamente collegata alla principale modalità di accesso alla pensione prevista dall’attuale sistema misto, che ha preso il posto dei precedenti sistemi prevalentemente retributivi. Dal 1996, infatti, il sistema pensionistico italiano si è progressivamente orientato verso un modello quasi interamente contributivo. Tuttavia, esistono diverse modalità che consentono di anticipare il pensionamento rispetto al limite ordinario.

In quasi tutte le situazioni, il diritto alla pensione dipende sia dall’età anagrafica minima sia dal numero di anni di contributi versati. Per la pensione di vecchiaia, il requisito anagrafico è fissato a 67 anni, mentre quello contributivo richiede almeno 20 anni di versamenti, sia per gli uomini che per le donne.

La pensione anticipata

La riforma Fornero, ancora oggi il principale riferimento normativo in materia pensionistica, ha introdotto criteri stringenti per l’accesso alla pensione anticipata. Pur non essendo stata ancora sostituita da una riforma organica, la normativa attuale prevede comunque alcune possibilità per andare in pensione prima dell’età ordinaria.

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La pensione anticipata è l’unica forma che prescinde dall’età anagrafica, ma richiede un’anzianità contributiva elevata: per gli uomini sono necessari almeno 42 anni e 10 mesi di contributi, mentre per le donne il requisito è di 41 anni e 10 mesi. Dopo la presentazione della domanda, è prevista una finestra di attesa di 3 mesi tra l’accoglimento della richiesta e l’erogazione del primo assegno pensionistico.

Un’ulteriore possibilità di pensionamento anticipato è riservata ai cosiddetti lavoratori “precoci”, ovvero coloro che hanno iniziato a lavorare in giovane età. Questi lavoratori possono accedere alla pensione con almeno 64 anni di età e 20 anni di contributi effettivi, maturati a partire dal 1996, anno di introduzione del sistema contributivo puro. In questo caso, l’importo della pensione non può superare tre volte l’assegno minimo (o 2,8 volte per le donne con almeno un figlio).

Pensionamenti anticipati

Il sistema misto contempla anche altre forme di pensionamento anticipato, pensate per rispondere a particolari condizioni lavorative o sociali. Queste possibilità sono spesso legate a specifiche categorie di lavoratori o a situazioni di disagio, e vengono costantemente aggiornate in base all’evoluzione demografica e all’aumento dell’aspettativa di vita.

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Ad esempio, i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti possono usufruire di due diverse tipologie di pensionamento anticipato. Chi può dimostrare di aver svolto almeno 78 turni notturni in un anno di lavoro usurante può andare in pensione con almeno 35 anni di contributi e un’età minima di 61 anni e 7 mesi per i dipendenti, o 62 anni e 7 mesi per i lavoratori autonomi.

Per chi ha svolto almeno 72 turni notturni in un anno, i requisiti salgono di un anno: 62 anni e 7 mesi per i dipendenti e 63 anni e 7 mesi per gli autonomi, sempre con almeno 35 anni di contributi. Anche in questi casi si applica il sistema misto di calcolo.

Quota 103 e non solo

Tra le misure più recenti rientra la cosiddetta Quota 103, che si inserisce nel sistema misto e consente il pensionamento con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi versati. Dal 2023, questa opzione prevede un calcolo dell’assegno esclusivamente contributivo, senza più elementi retributivi.

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L’Ape Sociale permette invece di accedere alla pensione a partire da 63 anni e 5 mesi di età, riservata a categorie come caregiver, lavoratori impegnati in mansioni gravose, disoccupati e invalidi civili con almeno il 74% di invalidità. A seconda della categoria, sono richiesti da 30 a 36 anni di contributi. L’importo dell’assegno non può superare tre volte l’assegno minimo fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
Le donne con figli possono beneficiare di una riduzione dell’età pensionabile fino a un massimo di 2 anni per figlio.

Opzione Donna, confermata anche per il 2025, consente alle lavoratrici dipendenti e autonome di andare in pensione con almeno 35 anni di contributi e 61 anni di età. Anche in questo caso, le madri possono usufruire di uno “sconto” di un anno sull’età anagrafica per ogni figlio, fino a un massimo di 2 anni, considerando esclusivamente i contributi effettivamente versati e non quelli figurativi.

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